Al fine di migliorare la tua esperienza di navigazione, questo sito utilizza i cookie di profilazione di terze parti. Chiudendo questo banner o accedendo ad un qualunque elemento sottostante acconsenti all’uso dei cookie.

Le identità dell'Unione Europea

Il libro di Sergio Fabbrini mette in discussione molte interpretazioni diffuse e rassicuranti della e sulla Unione Europea

"La crisi dell'euro è stata una cartina tornasole per comprendere i problemi sistemici dell'Unione Europea". Which European Union? – Quale Unione Europea? è la domanda che guida l'ultimo lavoro del Professor Sergio Fabbrini, direttore della LUISS School of Government e docente di Scienza politica. Pubblicato dalla Cambridge University Press, e risultato di diversi anni di ricerca, il libro spiega che cos'è l'Unione Europea attraverso un'analisi delle sue specificità e un confronto coi sistemi politici delle principali democrazie consolidate, dando un contributo significativo sia al dibattito scientifico internazionale che a quello, ormai inevitabile, sul futuro dell'UE.

La tesi centrale della ricerca è che la crisi della moneta unica sia un punto di svolta nella storia dell'Unione Europea. "Quella che chiamiamo Unione Europea - spiega Fabbrini - è un'organizzazione che ha aggregato al proprio interno diverse visioni del processo di integrazione. La crisi dell'Euro ha fatto saltare l'equilibrio tra quelle diverse visioni o prospettive, mettendo in chiaro che l'Unione Europea non è costituita di paesi che vanno nella stessa direzione seppure a velocità diverse, bensì da paesi che hanno interpretato in modi diversi il processo di integrazione. Insomma, i compromessi formalizzati dal Trattato di Lisbona (2009) sono saltati".

Fra queste prospettive sull'UE, Fabbrini ne individua almeno tre come cruciali. La prima è la prospettiva economica e riguarda la coalizione sovranista, quella rimasta fuori dalla moneta comune: "C'è un'Unione intesa come comunità economica, come un mercato comune che non deve mettere in discussione la sovranità nazionale dei singoli paesi. È la posizione tradizionale della Gran Bretagna e dei paesi sovranisti come quelli scandinavi. Ma anche di alcuni paesi dell'Europa dell'Est che hanno appena raggiunto la loro indipendenza nazionale e fanno fatica ad accettare un'integrazione di tipo sovranazionale".

European Union CambridgeLe altre due prospettive sono interne all'Unione Economica e Monetaria e si pongono come visioni alternative sulla natura politica dell'integrazione: "Entrambe riconoscono che l'integrazione debba avere un carattere politico, anche se poi si dividono sulla logica che deve presiedere il progetto politico. C'è una visione intergovernativa, sostenuta in particolare dalla Francia a partire dal Trattato di Maastricht del 1992, che sostiene che debbono essere i capi dei governi e i loro ministri a dover avere pieno controllo delle politiche di integrazione, in particolare quelle economiche e di sicurezza. Poi, c'è una prospettiva di parlamentarismo federale sostenuta, nel passato, da paesi come la Germania che guardano a un'unione costruita attorno al Parlamento europeo inteso come fonte della legittimità democratica. L'Italia continua ad essere uno dei più convinti sostenitori di questa prospettiva parlamentarista".

Secondo Fabbrini, gli effetti della crisi finanziaria hanno accentuato il conflitto di interessi tra la coalizione sovranista e i paesi dell'Unione Economica e Monetaria. "Non solo la Gran Bretagna ma anche gli altri paesi sovranisti si sono allontanati da Bruxelles, rivendicando la loro autonomia nel definire le politiche da opporre alla crisi. Ma contrasti sono emersi anche all'interno dell'Unione Economica e Monetaria. Il modello intergovernativo non solo non ha funzionato, ma ha reso ancora più accentuate le divisioni tra i paesi membri dell'Eurozona, come si può constatare dallo scontro durissimo tra la Grecia e la Germania. Tuttavia, anche la prospettiva parlamentare non ha convinto. La parlamentarizzazione della Commissione europea (con l'elezione di Jean-Claude Juncker a suo presidente) ha incontrato subito dei limiti. Tant'è che i capi di stato e di governo hanno riempito la Commissione di ex primi ministri e ministri, facendone quasi un'istituzione intergovernativa. Il risultato è una Eurozona divisa e paralizzata".

La crisi dell'Unione europea è quindi una crisi istituzionale oltre che politica e la proposta del Professor Fabbrini è di andare verso un vero e proprio cambiamento di paradigma. "La mia proposta si basa su tre obiettivi: il primo è separare la zona dell'euro dalla zona non-euro e rendere esplicito che solo i paesi della moneta comune devono divenire un'unione politica basata su un patto costituzionale. Il secondo obiettivo è creare un'unione politica dell'eurozona che ricomponga gli interessi dei governi (intergovernativi) con gli interessi dei cittadini (sovranazionali) attraverso un modello originale di separazione dei poteri. Come d'altra parte hanno fatto le altre due unioni di stati per aggregazione, cioè gli Stati Uniti e la Svizzera. La separazione dei poteri costituisce l'unica struttura in grado di tenere in equilibrio stati asimmetrici e differenziati, così prevenendo logiche egemoniche. Il terzo obiettivo è quello di collegare l'unione politica dell'eurozona e gli altri paesi europei all'interno del framework del mercato comune".

Ognuna di queste proposte, oltre a tentare di dare una risposta alla domanda che dà titolo al libro, cerca di differenziare l'attuale l'Unione Europea. La formazione di un'unione federale esclusiva dell'eurozona e di una comunità economica inclusiva del mercato comune. "Diamo un'identità costituzionale all'eurozona e al tempo stesso cerchiamo di stabilizzare e di allargare il mercato comune. In questo modo si risolve anche il problema di far entrare altri paesi, come la Turchia o i paesi balcanici. L'Unione Europea è già oggi differenziata al suo interno, si tratta di dare a tale differenziazione una specifica forma istituzionale".