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In ricordo di Fabrizio Forquet

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Ci ha lasciato un giovane Grande Italiano. Mi è quasi impossibile parlare di Fabrizio Forquet al passato.

Fabrizio è stato uno dei migliori giornalisti della sua generazione. Una combinazione rara, quasi miracolosa, di serietà intellettuale e gioioso senso della vita. Nel suo lavoro giornalistico, Fabrizio è stato guidato da una visione tenacemente positiva dell'Italia. Un modernizzatore, un riformatore, un liberal – come direbbero oltre Atlantico. È lì infatti che si rivolgevano le sue curiosità.

La cultura della società aperta lo aveva formato e aveva continuato ad orientare il suo lavoro professionale. Un lavoro, vorrei ricordarlo, che è stato non solo giornalistico ma anche universitario. Infatti Fabrizio è stato decisivo per promuovere e quindi dirigere un Master in Management Politico, organizzato insieme da Il Sole 24 Ore e dalla LUISS School of Government, un esperimento educativo per la formazione di chi fa o vuole fare politica in Italia. Un Master di successo proprio per la sua leadership.

Fabrizio aveva anche accettato di insegnare in un altro Master in Open government e comunicazione istituzionale, sempre della LUISS School of Government, facendolo con grande soddisfazione sua ma soprattutto degli studenti. Diceva spesso che la preparazione delle lezioni lo obbligava a riflettere sul suo mestiere di giornalista "dall'esterno", un'occasione, aggiungeva, per "sapere cosa faceva".

Nonostante l'affollatissima agenda di impegni che il suo lavoro giornalistico implicava, Fabrizio non rinunciava alle discussioni con gli studenti. La sua curiosità era in continuo movimento. Fabrizio sapeva ascoltare. Era frequente un invito a pranzare insieme perché voleva capire meglio come funzionano le primarie americane o il Consiglio Europeo o l'amministrazione britannica.

Ma oltre alla curiosità intellettuale, Fabrizio trasmetteva intorno a sé una gioia per la vita contagiosa. Nelle situazioni più ingarbugliate, riusciva sempre a immaginare una via di uscita. Sdrammatizzava per istinto. Per lui, la serietà e la leggerezza erano conciliabili. In diversi anni di collaborazione con Fabrizio non l'ho mai sentito mancare di rispetto verso qualcuno. C'era in Fabrizio una naturale civiltà, l'umanità rara di chi sa avvolgere il mondo con il proprio sorriso. Non mi permetto neppure di pensare al vuoto che lascia ai suoi familiari. So però che mancherà molto al nostro paese che di giovani Grandi Italiani come Fabrizio avrebbe una necessità vitale per diventare più moderno e più giusto.

Grazie, Fabrizio, per quello che hai dato a me e a chi ti ha conosciuto.

Sergio Fabbrini